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    Lavoro 5 minuti di lettura18 Visualizzazioni

    Il tesoretto: come arricchirsi sulle spalle dei lavoratori

    sinlabor_adminDi sinlabor_admin12 Dicembre 2016

    IL TESORETTO: Associazioni di categoria e sindacati. Come arricchirsi sulle spalle dei lavoratori. In onore ad un vero sindacalista Scandola Fausto.

    I dati ISTAT, nel certificare la sempre maggiore povertà delle famiglie italiane evidenziano la drammatica situazione dei giovani.

    Oggi, le nuove generazioni, per la prima volta nella storia recente del Paese si trovano ad essere più povere di quelle che le hanno precedute.

    In una Italia allo sbando, sommersa dai debiti, priva di una vera classe politica e dirigenziale all’altezza della drammatica situazione, si scopre che le associazioni di categoria e i sindacati hanno accumulato ingenti patrimoni e che i loro dirigenti percepiscono compensi da nababbi.

    Significative le rivelazioni del sindacalista veneto della Cisl Fausto Scandola sui super stipendi, ricevuti da alcuni dirigenti sindacali nazionali.

    Stipendi superiori a quelli del Presidente degli Stati Uniti o di quello italiano, Sergio Mattarella, oltre a porre un problema di ordine morale e di “cattiva gestione” delle risorse derivanti dalla libera adesione da parte dei lavoratori e dei pensionati pone un serio problema di “rappresentanza” di tutto il sindacato.

    Infatti, se la mala gestione è un danno per tutti quei lavoratori iscritti a quella specifica sigla, la perdita di rappresentanza mette in dubbio la legittimità di tutto il sindacato.

    Come scrive il Signor Fausto Scandola nella lettera:

    “I nostri rappresentanti e dirigenti ai massimi livelli si possono ancora considerare rappresentanti sindacali dei soci finanziatori, lavoratori dipendenti e pensionati? I loro comportamenti, lo svolgere dei loro ruoli, come gestiscono il potere, si possono ancora considerare esempio e guida della nostra associazione che punta a curare gli interessi dei lavoratori?”.

    La denuncia evidenzia un concreto problema morale nel rapporto tra i compensi dei dirigenti sindacali, prossimi ai 300 mila euro l’anno e quelli della maggiore parte dei lavoratori che spesso non arriva a mille euro al mese.

    Alcuni giornali citano ad esempio il presidente del patronato INAS con entrate complessive attorno oltre i 250 mila euro annui, tra pensione ed indennità varie. Sicuramente un esempio significativo ma non quello più eclatante se paragonato, come riportato dalla stampa, il segretario generale ed il presidente nazionale della Coltivatori diretti percepiscono compensi annui che superano il milione di euro.

    E’ scandaloso che alcune associazioni professionali e sindacali, pur essendo organizzate come dei comitati di beneficenza, hanno volumi di affari pari se non superiori a quelli di molte medie aziende.

    Per molte Organizzazioni le quote di iscrizione pagate dai lavoratori e dai pensionati rappresentano solo la minima parte dei loro introiti. I soldi, quelli veri, derivano dalla monetizzazione dell’enorme burocrazia che in questi anni è continuamente aumentata rendendo di fatto impossibile ai comuni cittadini vedere riconosciuti i propri diritti se non transitando attraverso la mediazione di PATRONATI e CAF. Soldi che arrivano direttamente nelle casse delle strutture nazionali senza che il territorio sia a conoscenza dei reali importi.

    Solo così si può spiegare perchè le strutture a livello centrale possono ricompensare i propri dirigenti con stipendi da favola mentre sul territorio le persone che realmente si fanno carico dei molti problemi degli associati spesso sono compensate con retribuzioni che sfiorano il ridicolo.

    Solo grazie al sacrificio ed alla passione di molti sindacalisti che operano sul territorio che il sindacato continua ad avere un ruolo, almeno per quanto attiene ai problemi contingenti dei lavoratori.

    Che il ruolo di associazioni di categoria e sindacati debba essere ripensato è ormai una questione non più procrastinabile.

    Gli stratosferici emolumenti sono solo la punta di un iceberg su cui fare una seria riflessione.

    In un periodo come questo, con la disoccupazione che ha toccato livelli altissimi e senza che passi giorno che una o più aziende chiudano per fallimento mettendo sul lastrico tantissime famiglie non è certo di conforto ai lavoratori sapere che esiste una vera e propria “casta” anche tra i loro rappresentanti.

    Nell’opinione pubblica, anche grazie all’interessato discredito del governo, i sindacalisti sono visti come coloro che tutelano solo ed esclusivamente se stessi ed il sindacato è diventato un mezzo per avere personali benefici sul lavoro, a tutti i livelli.

    Che le associazioni di categoria ed i sindacati, da tempo, siano diventati la brutta copia dei partiti è un dato di fatto di cui molti si sono resi conto ma pochi denunciano per convenienza o paura di ritorsioni.

    Come nei partiti il carrierismo è la sola cosa che importa ed è la molla che contraddistingue “l’elite” sindacale.

    Dai partiti, infatti, i sindacati hanno copiato tutto il peggio possibile, dalle correnti al trasformismo per trovare il miglior posizionamento possibile, soprattutto in vista dei congressi, dove non sempre prevale il migliore.

    Anche nelle associazioni di categoria e nel sindacato la meritocrazia lascia a desiderare. Il più bravo è colui che riesce ad creare attorno a se le più consistenti alleanze. Il tutto viene contrabbandato come prioritario “interesse dei lavoratori” mentre nella realtà mirano a salvaguardare principalmente il proprio personale tornaconto. Per questi motivi, il livello generale del sindacato è scaduto notevolmente. Questa è la conseguenza di quando nei ruoli apicali arrivano sindacalisti mediocri che vivono di luce riflessa perché agganciati al carro del segretario di turno.

    In molti chiedono che sia il Governo ad intervenire imponendo alle associazioni professionali e sindacati regole democratiche sul loro funzionamento e sulla trasparenza obbligando alla pubblichino online dei bilanci e degli stipendi elencando anche i rimborsi spese e benefit (alloggio, vitto, trasporti, ecc. ecc.) di cui godono molti dirigenti

    Chiedere che sia il Governo ad imporre la trasparenza e la democrazia interna rappresenta una ulteriore sconfitta per le Organizzazioni sindacali perchè si sa dove il Governo inizia ma non si sa dove potrebbe finire. Vista l’attitudine dei governanti di volere un sindacato succube ai loro voleri è meglio non rischiare.

    Solo gli iscritti possono imporre la democrazia e la trasparenza avendo il coraggio di ribellarsi al malcostume dissociandosi rinunciando alla “tessera”

    Se prima non viene fatta “pulizia” all’interno delle associazioni professionali e dei sindacali non sarà possibile mettere sotto accusa il malcostume della politica e la corruzione imperante in questo disgraziato Paese.

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