Negli ultimi anni il mondo del lavoro ha subito profondi cambiamenti così come i termini che lo descrivono mutuati dal linguaggio anglosassone. Platform economy, gig-economy, ecc.. sono parole che per i lavoratori non portano nulla di buono e che stanno a significare una trasformazione quantitativa, qualitativa, culturale, sistemica del modo di lavorare.
Digital platforms (piattaforma digitale) Sono strutture tecnologiche come i siti web o le app che facilita la comunicazione e l’interazione tra diversi utenti. Permettono a più soggetti di connettersi e di interagire, condividendo contenuti allo scopo di creare valore economico.
Tramite le piattaforme digitali, indipendentemente dal luogo in cui si svolge l’attività il committente e il soggetto incaricato fissano il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione.
Platform economy (economia della piattaforma) è un modello economico basato su flessibilità estrema, prestazione “a chiamata”, valutazione continua e automazione del controllo. Il lavoro si svolge tramite piattaforme digitali, spesso con lavoratori indipendenti che svolgono incarichi su richiesta.
In sostanza, la piattaforma digitale è lo strumento, mentre l’economia delle piattaforme è il concetto più ampio che riguarda il modo in cui le piattaforme possono essere utilizzate per creare valore e relazioni di business.
Gig economy (economia dei lavoretti) è un modello economico caratterizzato dalla predominanza di lavori a chiamata, occasionali e a breve termine. Questi lavori vengono spesso svolti tramite piattaforme online senza un contratto di lavoro tradizionale.
Platform economy e della gig-economy stanno rivoluzionando il mondo del lavoro e la stessa figura del lavoratore non è più nettamente distinguibile tra lavoratore dipendente, autonomo o occasionale.
Si stima che il numero di gig-workers (lavoratori precari) in Italia siano circa 800.000, con la tendenza in rapido aumento. A questa categoria appartengono rider, autisti, addetti alle pulizie, traduttori, artigiani, baby sitter, tecnici, insegnanti ecc..
La precarietà del lavoro, retribuzioni sempre inferiori alimentano un meccanismo perverso per cui molti sono disposti a lavorare sempre di più con sempre minori tutele ricorrendo all’intermediazione delle piattaforme che spesso sono l’unico strumento per avere un minimo di reddito.
Contratti brevi che si muovono sul crinale dell’informalità e dell’assenza di diritti, professioni frammentate, spesso invisibili, prestazioni “a chiamata”, flessibilità estrema, a cui si aggiunge la valutazione continua e automatica del controllo da parte dell’algoritmo sono gli elementi alla base della forza economica su cui si fonda il modello della platform economy.
In questo scenario di deregolamentazione si evidenziano nuovi problemi che sfuggono al diritto del lavoro. Problemi derivanti dalla delocalizzazione all’estero delle sedi legali delle piattaforme, dalla difficoltà di individuare chiaramente il soggetto “datore di lavoro” ed il soggetto esercente il potere direttivo ed organizzativo.
Ritmi di lavoro organizzati e diretti dall’algoritmo portano alla disumanizzazione del lavoratori anche per la difficoltà di individuare e gestire i tempi di recupero delle energie psicofisiche ed i riposi minimi.
Le piattaforme sono i nuovi caporali. Caporali digitali al servizio del potere tecnologico e finanziario. Caporali con il colletto bianco indifferenti agli effetti che travalicano l’ambito lavorativo e minano la sicurezza sociale dei lavoratori più fragili.
I problemi evidenziati devono preoccupare tutti i lavoratori anche quelli oggi sembrano più tutelati.
A fronte del tumultuoso sviluppo tecnologico, generato dall’affermarsi dell’intelligenza artificiale che ha profondamente trasformato il modo di concepire l’attività lavorativa, le organizzazioni sindacali, comprese quelle maggiormente strutturate, si son trovate del tutto impreparate ad elaborare nuove strategie a tutela dei lavoratori.
Ad avviso del sindacato Labor i lavoratori che prestano attività mediante l’impiego di piattaforme digitali si devono estendere tutte le tutele previste per il lavoro subordinato.
Danilo Maron
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